In Sicilia Garibaldi come l’Isis: decapitazioni per impaurire la gente. Il contributo dello storico Corrado Mirto

Fonte: http://ift.tt/2e8oAOv



In questo contributo, lo storico evidenzia come Garibaldi e le sue truppe seminarono il terrore in molte popolazioni del sud Italia macchiandosi di crimini sanguinosi come la decapitazione e lo sgozzamento di molti oppositori.

Proponiamo l’interessate scritto dal Prof. Corrado Mirto, apprezzato studioso del medioevo Siciliano e della storia del Vespro, scomparso nel 2014. In questo contributo, lo storico evidenzia come Garibaldi e le sue truppe seminarono il terrore in molte popolazioni del sud Italia macchiandosi di crimini sanguinosi come la decapitazione e lo sgozzamento di molti oppositori.
Di seguito l’articolo del Prof. Corrado Mirto
Il 1860 fu l’anno della grande catastrofe per la Sicilia e per l’Italia meridionale. Fu l’anno in cui in queste pacifiche regioni, eredi della grande civiltà della Magna Grecia, irruppero i “tagliatori di teste” provenienti dal Piemonte. Bisogna chiarire che l’espressione “tagliatori di teste” non è una battuta spiritosa di cattivo gusto, ma è la presentazione di una tragica realtà documentata da fotografie che mostrano le sanguinolente teste di partigiani del Sud tagliate e messe in gabbie di vetro a monito per le atterrite popolazioni meridionali.
Con l’occupazione piemontese del Sud si ebbe la fine della identità nazionale di intere popolazioni, il moltiplicarsi delle tasse, la leva militare obbligatoria (con la quale si deportavano in lontane regioni per anni e anni masse di giovani ridotti in schiavitù per servire i nuovi padroni) e il crollo dell’economia. E questo non fu tutto. La classe dirigente del Piemonte e del movimento “risorgimentale” era formata per la maggior parte da atei che odiavano il Cristianesimo e la Chiesa Cattolica.

In questa situazione non tardò molto la persecuzione organica contro la Chiesa Cattolica, in Sicilia come nelle altre regioni, ed ebbe inizio la rapina, per legge, dei beni ecclesiastici. In Sicilia monaci e monache furono cacciati dai soldati piemontesi dai loro conventi, dei quali si impadronì lo Stato italiano. Anche i beni di ordini monastici, di vescovati, di enti religiosi furono tolti ai loro legittimi proprietari e finirono nelle mani dello Stato cosiddetto “liberale e democratico”.
Fu un crimine contro la Chiesa, ma anche un crimine contro i Siciliani. Fu l’interruzione di moltissimi servizi sociali, che quelle strutture ecclesiastiche assicuravano su tutto il territorio. Dagli ospedali agli orfanotrofi. Dalle scuole professionali e artigianali alle case di riposo per vecchi e disabili. Dagli asili e dalle scuole elementari agli istituti di cultura superiore. Tutti gli assistiti, in qualunque condizioni si trovassero, furono buttati impietosamente in mezzo alla strada.
Decine di migliaia di famiglie che vivevano lavorando per gli ordini religiosi (anche nelle campagne, dal momento che i conventi e le chiese concedevano in affitto terreni a un prezzo equo e senza scadenza) e migliaia di lavoratori qualificati che vivevano discretamente caddero così nella più nera miseria. La gente, insomma, moriva di fame. Nel tentativo di porre rimedio, sia pur parziale, a questa tragedia, si inquadra l’attività del “Boccone del povero” del beato Giacomo Cusmano che a Palermo portava un tozzo di pane a chi moriva di fame per le strade.
Come ciliegina sulla torta, infine, lo Stato mise in vendita i beni rapinati. E i Siciliani dovettero così, ancora una volta, pagare allo Stato italiano le ricchezze che questo, via via, sottraeva alla Sicilia. Il ricavato di tale vendite, ovviamente, finivano nelle casse di Torino e veniva poi investito nel Nord Italia.
Un ultimo particolare da non sottovalutare è che i terreni sottratti alla Chiesa, così come quelli provenienti dalle liquidazioni di usi civici, non andavano ai contadini rimasti senza lavoro ma a speculatori o, nella migliore delle ipotesi, ad agricoltori già abbastanza ricchi.
Mentre i terreni del demanio di uso civile andavano, e in quota doppia, ai garibaldini (o ai sedicenti tali) senza concorso e senza che a quest’ultimi si chiedesse se fossero o no lavoratori della terra. Insomma, un’altra truffa a vantaggio degli unitari e a danno del Popolo Siciliano, della Nazione Siciliana.

Subscribe to receive free email updates: