Predrag Matvejević e Pierfranco Bruni |
ROMA - Matvejević, il mio amico che ha raccontato il Mediterraneo, non c’è più! Il viaggio tra i luoghi e i destini. Il mio amico e straordinario studioso dei Mediterranei non c’è più. Mi riferisco a Matvejević. Il Mediterraneo che è stato al centro della problematica degli studi di Predrag Matvejević, nato a Mostar (Bosnia – Erzegovina) il 7 ottobre del 1932 e morto a Zagabria (Croazia) il 2 febbraio del 2017, rappresenta un punto di riferimento importante nella strategia della geopolitica.
Tra l’antico e il contemporaneo.
Ho conosciuto Matvejević in un convegno a Roma. Poi insieme in tanti convegni. I nostri Mediterranei erano diventati comunanze tra l’ascolto, il sentire e il percepire. Un viaggiare insieme.
Insieme nel cercare il senso del viaggiare tra i segni e il reale di una storia che è diventata destino: quella, appunto, del Mediterraneo.
Nel nostro tempo della contemporaneità si è sempre confrontato con un modello archeologico, che ha avuto legami sia con gli aspetti prettamente storici sia con elementi valoriali in cui il sistema antropologico ha segnato uno scavo nei processi delle civiltà e nella rappresentatività dei popoli.
Tra asilo ed esilio. Romanzo epistolare, 1998, è uno dei “trattati” fondamentali nel cuore di una cultura che si fa antropologia dei destini. si vive una antropologia dei desideri e delle distanze.
Conoscere le distanze è attraversare le assenze e cercare le vicinanze. Ma nel 1991 avevamo già incontrato Mediterraneo. Un nuovo breviario. Mentre nel 1998 Il Mediterraneo e l'Europa, aveva segnato un riferimento tra i Mediterranei degli intrecci e le Europe degli incroci. Nel 2000 Isolario Mediterraneo.
Credo che l’opera del filosofo del Mediterraneo come Predrag Matvejević debba essere al centro della nostra attenzione, in quanto tutto il sistema del rapporto tra confini e confinati, tra confinanti e orizzonti, sul piano delle terre e delle geografie, ha rappresentato non soltanto uno scavo dialettico, in un tempo di inquietudine e perturbanti tragedie, ma ha definito quella dimensione, in cui la struttura etnica di una civiltà è stata proprio vissuta come Utopia.
style="text-align: justify;">Un modello di utopia che è stato pregno di significati antropologici. Il Mediterraneo ha sempre costituito una chiave di lettura sia per il popoli antichi sia all'interno di una modernità nella quale anche le realtà geografiche sono diventate modelli tracciati su orizzonti archeologici. “Sul Mediterraneo ho navigato con gli equipaggi e con compagni di viaggio; ho percorso i fiumi e le loro foci in solitudine” dichiara Matvejević in Breviario mediterraneo.
È stato detto che il Mediterraneo è destino, ma rimane tale soltanto se si intrecciano, si incontrano, si scontrano, si comprendono le civiltà degli Oriente con quella degli Occidenti. In virtù di ciò è possibile penetrare non soltanto una geografia fisica ma quella geografia della spiritualità nella quale il Mediterraneo è stato considerato un vero e proprio breviario grazie ad alcuni codici che sono il destino, il mare, la madre.
Il discorso sul Mediterraneo diventa un restare “di fronte al mare l’incarceramento si sopporta ancora peggio che altrove. Ci sono molte parole, in tutte le lingue mediterranee, vive e morte, con cui si tenta di esprimere questa insostenibile difficoltà”.
Ho sempre sottolineato che questa triangolarità è la rappresentazione del viaggio che ha compiuto, certamente, Ulisse, ma con Ulisse il viaggio è stato compiuto da popoli e da civiltà. Itaca non è soltanto una partenza e l'approdo. Itaca è la metafora forte di un ulissismo che diventa chiaramente circolarità, in una ontologia dei popoli, ma diventa una vera e propria metafisica del nostos.
Predrag Matvejević è come se avesse disegnato un cammino che era già definito dalla filosofia etica del Braudel. Ma in entrambi, in Matvejević e Braudel, è come se ci fosse una etica del viaggio e del viaggiatore privo però di una griglia prettamente simbolico - onirica e mitico - rituale con la presenza ontologica degli archetipi.
Sia Matvejević sia Braudel hanno una filosofia quasi razionalista, ma chi ha sempre rappresentato una vera realtà metafisica è stato Giambattista Vico che recupera il vero senso del nostos omerico.
Una eredità che resta profondamente come sottosuolo di un Mediterraneo che recupera i Balcani, l’Adriatico e i mari che separano gli Oceani. Una civiltà sommersa che diventa immensa. È chiaro che non può esistere un solo Mediterraneo.
Noi siamo popoli dei Mediterranei. Una questione aperta che scava in una esistenza delle civiltà e delle isole tra i confini e gli orizzonti. Non siamo solitudine. Siamo isole e quindi attraversiamo i luoghi e le terre, i mari e i deserti. Senza mai perderci perché se siamo destino nel Mediterraneo il Mediterraneo resta destino e metafisica nel nostro viaggio di uomini, di popoli e di civiltà. Il viaggio è immenso. Non si interrompe.