Il 30 settembre alla Biblioteca Umanistica di Firenze il poeta palermitano Pietro Manzella parlerà della sua ultima raccolta di versi, edita da Edizioni Giuseppe Laterza nel 2015. Interviene il critico letterario Luigi Locanto. Intermezzo musicale di Chiara D’Andrea. Coordina Maria Giuseppina Caramella, presidente della Fondazione il Fiore, che organizza l’incontro. Ingresso libero.
«Parole scritte su pagine bianche, concetti che germogliano come boccioli per trasformarsi in virgulti per l’animo dell’uomo… la poesia per me è come il seme sotterrato nell’umida terra che, rinascendo alla morte con la voce dell’uomo, crea fiori e frutti».
Con queste parole, tratte dalle sue “Riflessioni” all’inizio del volume, il poeta palermitano Pietro Manzella introduce i versi della sua ultima raccolta, edita da Edizioni Giuseppe Laterza nel 2015, che presenterà venerdì 30 settembre, alle 17, alla Biblioteca Umanistica dell’Università di Firenze (piazza Brunelleschi n. 3/4). L’incontro, a ingresso libero, è organizzato dalla Fondazione il Fiore, presieduta da Maria Giuseppina Caramella, e prevede, dopo il saluto di Floriana Tagliabue, direttore della Biblioteca umanistica, l’intervento del critico letterario Luigi Locanto e un intermezzo musicale della cantautrice Chiara D’Andrea.
Le «variazioni ritmiche» del verso di Manzella, scrive Massimiliano Pecora nella sua presentazione all’inizio del libro intitolata “La minaccia della materia e l’evasione del poeta”, «se pure tenuamente, sembrano, soprattutto in quest’ultima raccolta, spingersi verso le forme della prosa numerosa con tanto di clausole salmodianti e isotrope rispetto ai modelli del cursus planus e del cursus currens».
«Il nome e la poesia di Filippo de Pisis – si legge ancora nel testo di Pecora - permettono di trovare una possibile via per comprendere pienamente la poetica sottesa da Semi»: Manzella «si immagina pittore, pittore della vita» e la «“insondabile unità” del linguaggio verbale con quello pittorico ha la sua enigmatica ragion d’essere all’interno del meccanismo creativo dell’autore».
«Per il poeta di Semi – aggiunge Pecora - il recupero della levità e della tenerezza, di ciò che è immateriale e impreciso (e dunque proprio dell’essere umano) consente di sottrarsi al dominio della materia e di riconquistare la coscienza della propria individualità».
«Recuperando quel movimento sintattico di risacca e controrisacca, vale a dire il susseguirsi di enunciati a eco, il poeta fa appello, come spesso accade nelle sue liriche, alla fenomenologia della natura, assunta quale controcanto alla stesura dei suoi testi, come ben dimostra A colloquio con la Natura del lontano 1967. Non mancano i precedenti di questa forma di argomentazione lirica, soprattutto se pensiamo al celebre Teatro naturale di Giampiero Neri».
Per ulteriori informazioni, Fondazione Il Fiore. Tel.: 055-225074
«Parole scritte su pagine bianche, concetti che germogliano come boccioli per trasformarsi in virgulti per l’animo dell’uomo… la poesia per me è come il seme sotterrato nell’umida terra che, rinascendo alla morte con la voce dell’uomo, crea fiori e frutti».
Con queste parole, tratte dalle sue “Riflessioni” all’inizio del volume, il poeta palermitano Pietro Manzella introduce i versi della sua ultima raccolta, edita da Edizioni Giuseppe Laterza nel 2015, che presenterà venerdì 30 settembre, alle 17, alla Biblioteca Umanistica dell’Università di Firenze (piazza Brunelleschi n. 3/4). L’incontro, a ingresso libero, è organizzato dalla Fondazione il Fiore, presieduta da Maria Giuseppina Caramella, e prevede, dopo il saluto di Floriana Tagliabue, direttore della Biblioteca umanistica, l’intervento del critico letterario Luigi Locanto e un intermezzo musicale della cantautrice Chiara D’Andrea.
Le «variazioni ritmiche» del verso di Manzella, scrive Massimiliano Pecora nella sua presentazione all’inizio del libro intitolata “La minaccia della materia e l’evasione del poeta”, «se pure tenuamente, sembrano, soprattutto in quest’ultima raccolta, spingersi verso le forme della prosa numerosa con tanto di clausole salmodianti e isotrope rispetto ai modelli del cursus planus e del cursus currens».
«Il nome e la poesia di Filippo de Pisis – si legge ancora nel testo di Pecora - permettono di trovare una possibile via per comprendere pienamente la poetica sottesa da Semi»: Manzella «si immagina pittore, pittore della vita» e la «“insondabile unità” del linguaggio verbale con quello pittorico ha la sua enigmatica ragion d’essere all’interno del meccanismo creativo dell’autore».
«Per il poeta di Semi – aggiunge Pecora - il recupero della levità e della tenerezza, di ciò che è immateriale e impreciso (e dunque proprio dell’essere umano) consente di sottrarsi al dominio della materia e di riconquistare la coscienza della propria individualità».
«Recuperando quel movimento sintattico di risacca e controrisacca, vale a dire il susseguirsi di enunciati a eco, il poeta fa appello, come spesso accade nelle sue liriche, alla fenomenologia della natura, assunta quale controcanto alla stesura dei suoi testi, come ben dimostra A colloquio con la Natura del lontano 1967. Non mancano i precedenti di questa forma di argomentazione lirica, soprattutto se pensiamo al celebre Teatro naturale di Giampiero Neri».
Per ulteriori informazioni, Fondazione Il Fiore. Tel.: 055-225074